Le responsabilità civili e penali
del RSPP costituiscono un importante tema di riflessione giuridica, connessa
con la sempre maggiore importanza acquisita dalla figura del RSPP
nell’organizzazione aziendale.
La
responsabilità civile del RSPP
La responsabilità penale non esaurisce
l’ambito delle responsabilità del RSPP il quale, con l’assunzione
dell’incarico, assume anche degli obblighi nei confronti del Datore di Lavoro,
specie se si tratta di RSPP esterno all’azienda o comunque di RSPP interno che,
per tale ruolo, riceve una specifica retribuzione.
Se dunque dalla sua consulenza derivano
danni a qualcuno, il RSPP li deve risarcire.
La responsabilità civile del RSPP può
dunque classificarsi in due grandi famiglie: la responsabilità
extracontrattuale (o “da fatto illecito” o “aquiliana”) e la responsabilità
contrattuale.
Responsabilità
extracontrattuale
La responsabilità extracontrattuale del
RSPP trova fondamento in una delle norme più importanti dell’intero ordinamento
giuridico che è contenuta nell’art. 2043 del Codice Civile: “Qualunque fatto,
doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha
commesso il fatto a risarcire il danno”.
Nella sua semplicità questa disposizione
è il cardine su cui si fonda la parte preponderante della responsabilità civile del RSPP:
qualunque fatto “doloso o colposo” significa infatti qualsiasi azione, sia essa
cosciente e volontaria, oppure semplicemente, non voluta, ma posta in essere
per negligenza, imprudenza o imperizia, se cagiona un danno a qualcuno, obbliga
al risarcimento.
Una consulenza errata, superficiale,
negligente; la mancata adozione di misure preventive di un rischio, la mancata
informazione ai lavoratori ecc. sono tutte azioni che, laddove diventino causa
o concausa di un danno, obbligano il RSPP a risarcire di tasca propria i
soggetti lesi.
Va da sé che, anche in questo caso, le
ipotesi più tipiche di responsabilità sorgono in occasione di infortuni sul
lavoro e vanno di pari passo con la responsabilità penale.
Ma la responsabilità civile ha
un’estensione che travalica i limiti della responsabilità penale e che può
affermarsi anche quando, in ipotesi, il soggetto non sia più penalmente
perseguibile (magari per prescrizione del reato): l’obbligo di risarcire il
danno infatti, sopravvive anche alla prescrizione penale, se è stato
adeguatamente azionato.
Si tratta insomma di una responsabilità
che si rivolge a 360° a tutti i soggetti che, a causa della negligenza del RSPP
possano lamentare dei danni, sia di natura patrimoniale (perdite nel
patrimonio, mancato guadagno ecc.) sia di natura non patrimoniale (danni
qualificati come morali, alla salute, biologici, esistenziali, alla vita di relazione
ecc.)
Non si limita infatti al risarcimento
del danno direttamente subito dal soggetto infortunato, ma può estendersi anche
(senza pretesa di esaustività):
- al danno subito dagli enti previdenziali o assistenziali che – in ipotesi – potrebbero rivalersi nei confronti del Datore di Lavoro e, eventualmente, anche del RSPP negligente, per le somme pagate al lavoratore nell’ambito delle coperture assicurative obbligatorie per legge;
- al danno patito dai congiunti del lavoratore infortunato iure proprio (danni patrimoniali e non patrimoniali subiti per accudire il congiunto) o iure hereditario (danni patrimoniali e non subiti dal lavoratore che poi, sempre a causa dell’evento occorso, muore);
- danni alla salute pubblica o danni morali lamentati da enti locali, sindacati, associazioni di categoria in relazione a infortuni sul lavoro che determinino anche gravi lesioni dei diritti costituzionalmente garantiti
In questi casi il risarcimento è esteso
a tutte le conseguenze legate i modo immediato e diretto all’evento, chiunque
ne sia il titolare, purché questi dimostri (con prova a suo carico) che
sussiste un danno e un nesso di causalità fra il danno e il comportamento del
RSPP.
Responsabilità
contrattuale.
L’affidamento da parte del Datore di
Lavoro e l’accettazione da parte di un soggetto, dell’incarico di RSPP, si
configura in genere come un contratto a prestazioni corrispettive in cui il
nominato RSPP assume l’obbligo di svolgere i compiti propri a tale figura, a
fronte di un compenso da parte del Datore di Lavoro.
Si tratta, evidentemente, di un
contratto d’opera professionale, tanto più perché il RSPP, benché non iscritto
in uno specifico albo, esercita essenzialmente un’attività lavorativa di
carattere intellettuale consistente nella prestazione di consulenza, nella
progettazione di misure di contrasto ai rischi lavoro correlati ecc.
Il RSPP, in quanto soggetto qualificato
in virtù dei corsi di formazionesicurezza lavoro che ha frequentato e della formazione che ha ricevuto, è
tenuto pertanto ad assolvere alle obbligazioni contrattuali legate al suo ruolo
con la diligenza del buon professionista.
Ne consegue che, laddove il RSPP non
svolga con la dovuta diligenza l’incarico che gli viene affidato, il Datore di
Lavoro che subisca un danno può contestare l’inadempimento contrattuale e,
eventualmente, protestare i danni che abbia subito.
Si pensi, ad esempio al caso di un Datore
di Lavoro, non sufficientemente informato ed assistito dal proprio RSPP, che
subisce una condanna ai sensi dell’art. 451 c.p. o che subisce una condanna per
un reato contravvenzionale (proprio) o una sanzione amministrativa: se è
infatti vero che la nomina del RSPP non esonera (quasi mai) da responsabilità
il Datore di Lavoro, è altrettanto vero che se il Datore di Lavoro subisce
delle perdite patrimoniali in relazione ad una consulenza erronea del RSPP (o
di una consulenza omessa…) potrebbe rivolgere le proprie richieste risarcitorie
nei confronti di quest’ultimo.
In caso di responsabilità contrattuale
opera solo fra i soggetti che sono parti del contratto (datore e RSPP) e il
risarcimento trova una limitazione a quei danni essenzialmente patrimoniali che
sono conseguenza prevedibile dell’inadempimento contrattuale, con la
tendenziale esclusione di danni di natura non patrimoniale.
In questo caso, il Datore di Lavoro che
avesse subito un danno avrebbe unicamente l’onere di dimostrare che si è
verificato un danno e che lo stesso deriva da una difettosa consulenza del
RSPP: incomberebbe invece su quest’ultimo dimostrare di aver adeguatamente
prestato la propria attività di consulenza, ossia di aver correttamente
adempiuto agli obblighi imposti dalla legge al suo ruolo.
Resta inteso, infine, che i due tipi di
responsabilità potrebbero anche coesistere fra loro.